venerdì 29 aprile 2016

Michael Rogers

Michael Rogers - Giro d'Italia 2014
Ho letto una bellissima lettera di Michael Rogers, scritta dopo aver deciso di dare l'addio al ciclismo professionistico (leggi la lettera). Nella lettera il corridore Australiano racconta di come, da bambino, aspettasse con ansia le videocassette provenienti dall'Europa, con le registrazioni delle tappe del Tour. Una bella finestra sul secolo scorso, ed una dimostrazione di come sia l'attesa l'elemento chiave di questo sport. Il ciclismo oggi, sempre più spesso, soffre di sovraesposizione. Troppe immagini e troppa noia. Se nei primi del '900 avessimo avuto collegamenti in diretta TV di 6 ore con la corsa, non avremmo mai parlato di ciclismo eroico: si tratta di una teoria originale, che io condivido appieno, di uno dei blogger più influenti di ciclismo: The Inner Ring. Troppe immagini, troppe parole, troppi tweet. Ne sappiamo troppo e ne godiamo troppo poco. Eppure vivere il passaggio delle corse è sempre molto emozionante: perché? cosa cambia? 
E' l'attesa che regala il sapore. Quei lunghi minuti scrutando la strada sono attimi di vita vera. Quei minuti nei quali le attività si fermano, ed ognuno rimane solo con se stesso, in attesa di un passaggio. Non è importante ciò che la cassetta porterà al suo interno; almeno sino a che ci sarà un bambino ad attenderla.

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