martedì 26 maggio 2009

16a tappa - Monte Petrano: "Portami sù"

Morìa, sessanta all'arrivo. Scarponi rompe gli indugi ed attacca. Cunego risponde. (Foto Alefederico)
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Avete letto il mio roadside su Pezcycling?
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Non è Sastre e neppure Menchov. L’uomo del giorno è Scarponi. Non ha vinto, e neppure è giunto tra i primi. Scarponi era in fuga, anzi, ha promosso la fuga sin dai primi chilometri; sin dal Monte Serra, una collina che sovrasta Pergola, coltivata a grano con grandi querce a bordo strada. Erano le undici del mattino, e già si scoppiava dal caldo. Su Monte Serra il gruppo era già allungatissimo, grazie ai continui tentativi del corridore Marchigiano; pareva l’inizio di un massacro. Poco dopo la discesa da Monte Serra i corridori hanno incontrato il cartello dei meno duecento (!) all’arrivo. Evidentemente quel cartello, e la paura di non farcela, hanno suggerito al gruppo un andatura più contenuta. E la fuga ha preso il via. Valle del Metauro, campi di grano già abbronzati e querce ad ogni fossato, paesini circondati da mura tutti colorati di rosa ed invasi da bambini che avevano saltato la scuola. Solo la provincia garantisce certi spettacoli. La fuga aveva guadagnato oltre sei minuti quando, a Fossombrone, sotto le ruote dei corridori si è presentata l’arcigna pendenza delle Cesane. Il gruppo non ha mai lasciato fare. Ha sempre tenuto sotto controllo la fuga; cinico e calcolatore come sempre. Eppure, davanti, Scarponi era sempre in prima linea. Lui ed il compagno di squadra De Bonis. Non c’era brezza, sulle Cesane, a mitigare i trentaquattro gradi. Nel bosco l’odore della resina era fortissimo. Quello deve essere stato il momento più duro di tutti. Tanta fatica già accumulata e laggiù, in fondo, la figura del Nerone che si faceva sempre più grande e minacciosa. Il Nerone. Quando si sono trovati sotto al paese di Cerreto hanno certamente capito cosa li aspettava. Le rocce erano piastre ardenti e l’asfalto sconnesso era a grana grossa, come quello che trovi in questi posti. Il paesino era arroccato nella valle, lassù. Pareva di essere un Calabria, in qualche valle sperduta della Sila. Sopra il paesino la montagna con una nuvola bianca a sfiorare la cima. Tutto il resto era arso dal sole e non si riusciva a scorgere alcun albero. Il gruppo, dietro, li teneva lì. Sei minuti, poi sette, poi cinque, poi sei. In quei frangenti sono nulla. Scarponi stringeva forte il manubrio e chiedeva a De Bonis un altro sforzo – “portami su”. Ed il gregario si metteva il cuore in pace (e le gambe in croce), mentre passava in testa a tirare. Il gruppetto all’attacco perdeva intanto i pezzi, da venti rimanevano in tredici, mentre il gruppo si faceva ancora una volta sotto. In cima al Nerone la vista si apre sui campi così Scarponi, voltandosi, riusciva a scorgere Catria e Petrano. Come grosse statue perenni stavano lì, ad attenderlo. Discesa folle e si risaliva verso Moria, per passare nell’altra vallata. Lo chiamano strappo. Qualcuno lo chiama “strappetto”. Invece è un’altra maledetta salita. Senza ombra e senza speranza, come tutte le salite. Lì Scarponi s’incazza. Ed attacca. Lo segue Cunego, che deve mettere una toppa grossa così sul suo Giro. Poi si agganciano anche Bosisio e Popovich. Gente tosta. Gente che sa come correre. Scarponi non ne ha quasi più, e ne ha coscienza; ma non vuole arrendersi all’idea e fa la faccia da duro. Vada come deve andare. Quando Cunego attacca sul Catria, Scarponi ha speso tutto. E si stacca. Semplicemente non ha più energie, e si chiede come farà ad arrivare in fondo alla tappa. Perché il Catria è lungo. Perché c’è una discesa pericolosa. Perchè c’è ancora il fondovalle. Perché infine c’è il Petrano. E’ sul Petrano che Scarponi emoziona. Passa senza guardare nulla. Guarda l’asfalto, mezzo metro davanti a se. Che altro devi guardare? Neppure sente la gente che lo incita e lo ringrazia per quella bella fuga. Non gli frega un accidenti, a dire il vero. Neppure si ricorda più perché è andato in fuga. Pensa solo al momento in cui si verserà un intera bottiglia d’acqua gelata sulla testa. Alla faccia del torcicollo. Alla faccia di tutti quei bollenti chilometri. Ora ditemi, pazienti lettori, chi è l'uomo del Petrano!

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